Col passare degli anni i miei desideri gastronomici e quelli dei miei compagni di mangiate si stanno estremizzando, concentrandosi in due ambiti contrapposti: alta cucina innovativa e tradizione maniacale.
Questa sera siamo in 3 e ci concentriamo sulla tradizione, alla ricerca dei sapori antichi, quelli che ti fanno ricordare i pranzi in famiglia con i genitori, gli zii, i cugini e i nonni che riempivano stomaco e anima.
Il ristorante scelto per la serata è il San Pellegrino a Spilamberto, annesso all’omonimo Albergo, lungo la via Vignolese, appena fuori dal paese.
La location non è entusiasmante, ma è dignitosa. Si mangia in una sala unica, non molto grande, ma non angusta, arredata in modo classico un po’ datato, come del resto la preparazione della tavola e l’atmosfera in generale.
In sala si danno da fare i 2 storici proprietari, marito e moglie che, nonostante una certa età, sono ancora i padroni della serata, con quella capacità di mettere a proprio agio i clienti con garbate chiacchiere e qualche battuta in una atmosfera di sincera cortesia. In sala servono anche due cameriere più giovani, gentili e veloci, ma più distaccate.
Il menù offre una buona varietà fra tradizione modenese e classici della ristorazione, ma noi siamo entrati al San Pellegrino con un’idea fissa che manteniamo anche al momento dell’ordinazione: tortellini e carrello dei bolliti (o come si dice a Modena: il lesso).
La carta dei vini è corta e, da quanto ho visto, stranamente limitata per quanto riguarda il lambrusco di Sorbara, del quale dispone di una sola etichetta.
La cameriera segnerà:
2 tortellini in brodo (per noi due devoti), 1 tortellino alla panna (per l’eretico), 3 “carrelli” con servizio completo.
Durante la serata berremo 2 bottiglie d’ acqua gassata e 2 di Lambrusco: un Sorbara Vezzelli Selezione e un grasparossa di Castelvetro Acino di corte Manzini.
In tempo record arrivano i tortellini: quelli in brodo serviti in una bella zuppiera che verrà lasciata sul tavolo e quelli alla panna direttamente nel piatto.
I tortellini sono buoni, forse sopra la media e così anche il brodo. La pasta è sottile anche se un po’ liscia (tirati a macchina?) con un ripieno purtroppo un po’ troppo sbilanciato verso il parmigiano reggiano.
Quelli alla panna risultano fantastici, forse perché il “difetto” del troppo parmigiano, in questo caso diventa un pregio.
La porzione di quelli in brodo è abbondante, tanto da ricavarne, dalla zuppiera, un’altra mestolata a testa.
Quelli alla panna erano già abbondanti nel piatto, tanto da permettere gli assaggi degli altri 2 commensali.
Dopo una gradita pausa di una quindicina di minuti, il proprietario “attracca” il mega-carrello fino al bordo del nostro tavolo e ci spiega, con una liturgia consolidata e un malcelato orgoglio, il contenuto dei 3 scomparti separati del suo “veicolo”:
- Scomparto a destra: tagliate di cavallo con pomodorini e purè “rustico” cioè tirato con mozzarella e parmigiano.
- Scomparto centrale: arrosti misti ( vitello, maiale) in differenti tagli con fondi di cottura.
- Scomparto di sinistra: il “paradiso” dice lui, che tradotto in parole terrene sarebbe: zampone, cotechino, copertina, polpa di manzo, lingua, zampetto, nervetti, gallina, polpettone di pesto dei tortellini… e sicuramente qualcos’altro che mi sono dimenticato.
Nel frattempo, sul tavolo erano già arrivati i contorni: patate al forno, cipolle all’ aceto rosso e un servizio di salse (salsa di verdure, salsa verde, ketchup artigianale, rafano).
Fedele all’intento iniziale mi concentro su una selezione di soli bolliti, con l’unico strappo alla regola di una cucchiaiata abbondante di pure rustico, tanto da farmi colmare un piatto di generose dimensioni.
Confesso che ho faticato a finirlo, ma lasciare lì quel “paradiso” non sarebbe stato perdonato dal gestore.
I miei commensali non sono da meno, tralasciando qualche bollito per assaggiare anche gli arrosti.
Le nostre fatiche sono state capite dalle cameriere che si azzardano a chiederci se desideriamo un dessert, ma ci deliziano con un piattino di biscottini, amaretti di Modena (ottimi!) e tre bicchieri di zibibbo freddo dalla cui bottiglia, lasciata sul nostro tavolo, attingeremo altre volte.
Una grappa e due caffè chiuderanno la serata.
Che mangiata! E che bevuta!
Il locale è famoso per i tortellini e per il carrello. Sui primi sono rimasto abbastanza soddisfatto, ma non entusiasta e ritengo che altri ristoranti in provincia possano offrire qualcosa di meglio allo stesso prezzo o qualcosa di equivalente a prezzi più bassi.
Sul carrello non rimane altro che inchinarsi, sia come qualità che come varietà.
Il conto è stato di 46 Euro a testa, arrotondati a 45 (11€ per i tortellini in brodo, 12€ per quelli alla panna, 20€ il carrello), prezzo che ho trovato un po’ elevato per un locale d’impostazione prettamente tradizionale in una location senza pretese. C’è da dire che la cortesia di servire ila biscotteria con lo Zibibbo è stata molto apprezzata.
La serata, tutto considerato, è da 4 cappelli, tutto per merito di quell’indimenticabile carrello!
Consigliatissimo!!
[Martora]
18/11/2019