E’ sempre quel Venerdì, quel Venerdì della bellissima giornata e della spesa mattutina alla Macelleria Ghioldi.
Fortuna che è proprio quel Venerdì, una fredda giornata di sole radioso in cui uscire con la Vècia a pranzo… un piccolo momento che ci regaliamo in occasione della sua settimana di ferie e del suo compleanno.
Siccome però siamo puntuali come un formaggio svizzero ovviamente la data è successiva al fatidico giorno ma… suvvia, non ci formalizziamo... visti i nostri tempi stressati & strettissimi è già tanta roba uscire a pranzo assieme.
La Vecchia è da diverso tempo che mi martella con la voglia de trufa blanca e, vista la mia incapacità a recepire immediatamente i suoi suggerimenti, ho l’impressione che mi abbia sottoposto a qualche lavaggio notturno del cervello con frasi subliminali sussurrate mod. “Vota Antonio! Vota Antonio! Vota Antonio!”… ragion per cui mi convinco. Ovviamente, alle prossime elezioni, voterò sicuramente Antonio La trippa.
La mia non è solo un isteresi del comprendonio ma anche il fatto che, avendo negli ultimi anni assaggiato del Tuber Magnatum Pico non della qualità sperata, visto che i prezzi dello stesso non sono propriamente una busca in un occhio (quindi me lo concedo una volta l’anno circa) cerco per quanto possibile di scegliere un giusto compromesso.
Decidiamo quindi per l’Osteria della Cavazzona in quanto: so che in questo periodo trattano i tartufi (ci ero andato per una cena di lavoro qualche settimana fa e ne ho avuto la conferma), è vicina (non abbiamo troppissimo tempo a disposizione), sono stato sempre bene nelle mie precedenti esperienze, l’Anziana non ci è mai stata.
Arriviamo al locale ed entriamo, l’ambiente è luminoso, a mio parere ristrutturato con gusto, i tanti elementi moderni ben si sposano ai retaggi antichi od un po’ più rustici in quanto non sono inutilmente barocchi.
Nel locale è presente solo un’altra coppia, arriverà solo un’altra tavolata di 4/5 (colleghi di lavoro?) verso fine pranzo… ricordo che tempo fa il traffico era maggiore, forse è un caso o forse la crisi si fa sentire.
Sento anche una temperatura ambiente piuttosto freschina, non vedo la galaverna ma normalmente mi piace mangiare con un po’ più di caldino.
Il giovane cameriere ci porta il menù, ad integrazione dello stesso vi è una lavagnetta (ma anche lo stesso cameriere puntualmente ce lo indica) con scritto quanto disponibile fuori menù e relativi prezzi tra cui appunto i piatti con tartufo bianco… con nostro compiacimento.
Faccio un po’ di fatica a scegliere il vino... perché la Nunàza di solito mi abbandona dopo il primo sorso, perché vorrei essere sul pezzo il pomeriggio, per abbinamento al cibo non così semplice fatte queste premesse, perché la lista non mi offre degli spunti che catturino particolarmente la mia attenzione.
Avrei preferito delle bolle ma… mi butto su qualcos’altro che non ho mai assaggiato quindi su un Bianco Veronese (non ricordo benissimo, sorry, dovrebbe essere Villa Cordevigo) composto al 75% da uva Garganega ed al 25% da Sauvignon Blanc… pensando che il profumo “pipì di gatto” del Sauvignon (non così “diretto” essendo solo il 25%) vada a braccetto con il profumo “metano” del tartufo.
Il vino non è male ma si rivelerà forse più azzeccato per i formaggi che al tartufo, forse per quest’ultimo è meglio provare con un “vero” Sauvignon Blanc per godere di un aroma ancora più persistente… e comunque, da petulante rompiscatole quale sono, avrei preferito una bolla che m’intrigasse piuttosto che un “liscione” come questo.
Visto che io non sono nato sotto un cavolo ma sotto un CARCIOFO (e talvolta ne assumo le sembianze), come antipasto scelgo un’insalatina di carciofi avvolti nel fiocchetto: porzione medio-piccola, il fiocchetto è buono e morbido, il carciofo non male ma è presente a mio parere un filino di limone di troppo… nulla che porti a delle smorfie facciali da rigor mortis, però giusto un filino meno di limone a raccordarsi meglio con il dolce del fiocchetto non sarebbe stato male.
Anche se lo mangia (avidamente) la Pensionèda non posso non assaggiare il tortino di porri e tartufo: la composizione della sYmpatica protuberanza avviene solo “giocando” tra le diverse frullature dei porri… incredibile… io pensavo ci fosse anche della pasta per dargli quella consistenza e quel legame (confermato anche dalle interviste al personale che effettuo). Finisce il tutto una leggera colatura di panna aromatizzata (anche formaggiata?) sopra e una generosa sfettolata di tartufo direttamente al tavolo. Molto buono ma quello che assaggiai nella mia cena di lavoro era il “suo fratello bello” quindi veramente eccezionale… questa patatina di tartufo non è così pimpante come quella serale.
Arriva quindi un piatto di tagliolini al tartufo (anche per la Vciàza idem): sempre tubero sfettolato in generosa quantità al tavolo, sempre porzione complessiva medio-piccola. Buono ma non con una esplosione di gusto, si sente il buon brodo di cottura dei tagliolini ma non sono essi stessi così saporiti come speravo… chiaro che non bisogna esagerare con dei condimenti balordi se gli abbini il Tuber Magnatum Pico però li avrei graditi un pelo più tosti… ed anche 2 in più me li sarei magnati volentieri. Anche in questo caso il bitorzoluto tubero è sì buono, ma non così convincente come invece lo trovai sempre in quella famosa cena di cui sopra (inizio a pensare che sia tutta colpa della Vecchia!).
Avendo lumato dei formaggi invitanti in esposizione al centro del locale (una delle mie passioni), chiedo un giro degli stessi… e faccio decisamente bene. Mi spiega il di ciuffo dotato cameriere che li rifornisce uno specialista e ricercatore in materia quindi seguo scrupolosamente l’ordine in cui devo consumare questi robi. Visto che è passato diverso tempo. Vi prego di perdonare qualche piccolo errore DI SBAGLIO, ma la mia memory card non funziona più così bene e non ho annotato alcunchè.
Il primo è un caprino piemontese affinato sotto la cenere: semimolle tendente al molle, saporito nonostante la poca stagionatura, mangio anche la pellicina nera assieme a tutto il resto perché dona ancora più tipicità, più salata e cremosa nelle vicinanze dei punti di contatto. Buono, convincente, insolito.
Il secondo è il fuoriclasse, il secchione della prima fila, la ragazzina senza maglione fosforescente extra-size cui tutti facevano la corte: caprino francese di media stagionatura, compatto alla vista ed al coltello ma cremoso al contatto con le fauci (e questa è la caratteristica che più ho apprezzato), molto ma molto gustoso ed assolutamente non banale nonostante nessun procedimento particolare visibile, apprezzabile e/o comunicato.
Il terzo altro caprino piemontese: stagionatura più lunghetta (per quanto può esserla per un caprino), avvolto in foglie di moscato imbibite di… vino Moscato, esterno piuttosto aromatico ma non così sgarbato (basti pensare che prevale il sapore del verdume di foglia piuttosto che il profumo dolce dell’uva), buono anche questo ma il gusto proprio del formaggio è più “convenzionale”.
Ultimo… ma non ultimo… un gorgonzola altoatesino. Premetto che mai ho assaggiato questo formaggio prodotto in Alto Adige quindi sono molto molto curioso. Intanto è stagionato e bello compatto… per intenderci sul compatto una mezza via tra il gorgonzola piccante ed il Roquefort che normalmente trovate al supermercato… le muffine (erborinato per chi al ristorante cinese non chiede forchetta e coltello) tendono più al bluastro che al color prezzemolo, sapore intenso e persistente, sento un buon sapore “di fungo” (sarà? Boh… a me sembra di si!).
I signori dell’Osteria ed i loro collaboratori esterni hanno lavorato veramente bene, tutti i formaggi sono di mio gusto.
Siccome devo tornare al lavoro ed al pomeriggio ho un appuntamento (stranamente) con una persona seria non voglio arrivare che crepo mod. salita di Varana o che dormo mod. avvinghiato al mio divanone da 32 posti… quindi (sempre stranamente) rinuncio al dolce/i.
Ci viene però gentilmente offerto un bicchierino di crema di limone artigianale, il cameriere la loda particolarmente e rassicura la Zia Dada Dei Dollari che non è molto alcolica… ben fa a lodare questo nettare: dolce, molto cremosa, non alcolicissima, buon sapore di limone (e non solo l’acido) segno di buona materia prima, si sente che non è un prodotto industriale. In altre occasioni avrei fatto altri giri di valzer dal gran che è buona, ma mi devo fermare qui. Caffè di rito e boccia d’ acqua d’ordinanza.
Tirando le somme siamo stati tutto sommato bene, anche se la tartófla a mio parere è un po’ sottotono (od almeno rispetto a quello assaggiato qualche sett. or sono)… diciamo un 7/10 con il precedente che poteva essere un 8,5/10… sulla mia personale scala (da non-intenditore) dove a 10/10 puoi farti l’aerosol biologico con il prezioso tubero. Onestamente in questo aspetto non vedo colpe, è un prenderci… non si tratta di un prodotto seriale ed omologato.
Altri dettagli che posso segnalare ho ritrovato leggermente meno “incisività” nelle preparazioni rispetto alle precedenti esperienze e la carta dei vini a mio parere da integrare con qualche etichetta locale/regionale in più piuttosto che una ricerca di altre bocce un po’ inconsuete… per rendere ancora maggior giustizia ad una cucina assolutamente degna di nota.
Il livello di questo posto a mio parere può viaggiare comodamente tra i 4 ed i 5 cappelli, per quanto sopra esposto direi che la valutazione corretta sia 3 cappelli.
Mi riprometto di tornare a far visita, anche perché nella mazòca ho un tarlo… quella megaporzione di lasagne morbidissime… che fame!!!
Consigliato!
[carolingio]
07/01/2013
(per chi non l'avesse vista, preciso che la sua età è attorno a 30 anni )
Ieri sera mi sono fatto anch'io un'insalatina di carciofi crudi sardi, con olio nostro e scaglie di grana...
(ma avete speso quei soldi lì in due o a testa?)