La sottile linea che delimita una valutazione ottima da quella con il massimo dei voti è caratterizzata, per il mio modo di giudicare, da quell'aspetto di umanità , di calore, di passione, che non compare mai nelle voci del conto ma che per me vale tantissimo.
Valutare un locale con 4 cappelli non significa che ci sia stata qualche piccola incrinatura durante il pasto, come a voler dire "tutto ottimo, però qualcosa non è andato bene". Tutto è realmente stato ottimo, quindi ritengo il locale consigliatissimo.
Partendo dalla qualità che, imprescindibile, deve assolutamente essere altissima, rapportata alla tipologia di ambiente e alla spesa sostenuta, per me imperdibile diventa quel posto che propone un piatto stratosferico che magari solo lì si può trovare, oppure, come in questo caso, un luogo dove si sta talmente bene anche "di cuore" al punto che, usciti, si pensa già alla prossima volta in cui ritornare.
Il Solociccia, e con esso tutto quello che rappresenta il personaggio di Dario Cecchini, è esattamente questo. La passione, l'umanità , il convivio, il sentirsi ospiti a casa sua sono quegli ingredienti in più che fanno dunque la differenza in una ricetta che in ogni caso funzionerebbe perfettamente anche senza.
Non mi voglio dilungare sulla storia del personaggio. Per chi non lo conoscesse, basta sapere che lui è l'ultimo esponente di una famiglia di macellai che fanno questo mestiere da oltre 250 anni, dei quali gli ultimi 38 per mano sua. Merita invece un'approfondimento la tipologia dei locali, visto che negli ultimi anni sono stati in parte modificati, più nei contenuti che nella struttura.
Arrivati a Panzano, in una via adiacente la piazza, si trova l'Antica Macelleria, dove Dario accoglie sempre tutti con un sorriso, offrendo un bicchier di vino e facendo assaggiare alcune sue specialità , indifferentemente dal fatto che poi uno acquisti qualcosa oppure no. Collegata alla macelleria, al piano di sopra, si trova l'Officina della Bistecca. Di fronte invece, il Solociccia. A seconda dei giorni e degli orari di apertura, questi due ambienti vengono usati anche per la formula Dario Doc, già Mac Dario e Dario +, generalmente durante la settimana a pranzo.
La proposta è rimasta invariata: all'Officina si mangiano soprattutto le bistecche, al Solociccia la carne in diversi tagli cucinata in più maniere (ma non le bistecche), al Dario Doc due menù per una pausa veloce, un fast food "buono" da 10€ e un menù Accoglienza con le specialità della Macelleria a 20€.
Arriviamo a Panzano nel tardo pomeriggio di sabato, secondo un programma ben preciso: dopo una giornata passata a Firenze, ci fermeremo qui per la notte, per poi ripartire l'indomani alla volta di San Gimignano.
Passando davanti alla macelleria, approfittiamo delle poche persone presenti per fare un saluto veloce e per acquistare qualche barattolo di Profumo del Chianti, l'ottimo sale alle erbe aromatiche da loro prodotto. E' davanti all'entrata che veniamo investiti da quel calore di cui parlavo all'inizio.
Ho visitato per la prima volta la macelleria circa sette anni fa e, da allora, ho visto Dario cinque o sei volte al massimo. Questo è bastato, una volta varcata la soglia, per sentirmi salutare per nome ed essere abbracciato con l'affetto che solitamente si riserva ad un amico che non si vede da tempo. "Bentornati!" è la seconda cosa che ci dice, offrendoci subito un bicchiere del suo chianti e qualche cosa da mangiare. La macelleria è piena, come sempre, di libri e di articoli incorniciati riguardanti Dario e le sue lezioni in giro per il mondo.
Nell'aria eccheggia un cd di Big Luciano, mentre nel tavolo degli assaggi si alternano vassoi con bruschette all' olio nuovo, finocchiona, crostini con burro del Chianti. Nel bancone della Macelleria, ancora Burro del Chianti, il sushi di Dario e una distesa di Bistecche Panzanesi.
Bello vedere come il centro della vita di paese diventi quasi la Macelleria stessa, luogo di incontro di amici, passanti e sconosciuti, che si scambiano saluti e sorrisi anche se non si conoscono.
Sembrerà una banalità , ma apprezzo tantissimo questi piccoli gesti dal momento che in città non esistono quasi più questi atteggiamenti... si fa quasi fatica a salutarsi quando ci si conosce, figuriamoci con gli sconosciuti. Finita la nostra breve visita, ci incamminiamo verso il B&B a pochi passi dalla Macelleria dove pernotteremo, pronti per tornare in un paio d'ore al Solociccia, dove due posti ci attendono. Uso non a caso la parola "posti", e non tavolo, perchè qui si mangia tutti in convivio. E' sempre stato così e probabilmente è una parte della bellezza del locale, soprattutto quando si crea una bella empatia fra gli avventori.
Arriviamo in anticipo per il secondo turno, quello delle 21:00. Il primo è alle 19:00. La prenotazione è assolutamente indispensabile. Prima di cominciare, c'è la possibilità di fermarsi ancora in macelleria per fare una sorta di aperitivo, ma vista la nostra visita precedente, preferiamo passare la mano ed aspettare l'inizio della cena. Il locale, su tre livelli, è una bella struttura sapientemente restaurata: pareti bianche si alternano ad altre in sasso. I soffitti sono in legno, le scale sono in vetro, come parte dei pavimenti.
Le sale in tutto sono quattro: un grande tavolo in ognuna, da circa 12/14 coperti, in legno, come in legno sono le moderne sedie e parte dell'arredamento. La sensazione è quella di grande ordine e pulizia, nonchè di ambiente incredibilmente caldo, nonostante la modernità dell'insieme. Molto accogliente.
Il nostro tavolo si trova nella sala gialla, quella nel piano ammezzato, chiamata così per il colore predominante del grande quadro alla parete e di alcuni dettagli.
Sul tavolo, ben apparecchiato, sono già presenti diverse ciotole con verdure fresche (sedani, carote, cipolle rosse), altre con la schiacciata e il pane, più i vari condimenti, l' acqua e il vino, un Chianti onesto ma tutt'altro che scontato. Il menù, stampato su fogli in diverse copie per ogni tavolo, si apre con questa frase:
"Lasciate ogni speranza o voi che entrate: siete nelle mani di' macellaio"
E a seguire, "Solociccia - Menù della Vacca Intera". Sì, perchè quello che il buon Dario non si stanca mai di sottolineare nei suoi racconti e in tutto quello che di conseguenza propone, è la prima cosa che ha imparato dalla sua famiglia e dalla sua professione: la responsabilità . Fin dai tempi dei nonni e dei bisnonni, i clienti della bottega compravano principalmente, se non esclusivamente, bistecche, filetti e quei pochi altri tagli ritenuti nobili, scartando tutto il resto. Avere a disposizione un animale intero, però, significa ottenere tanti altri tagli, buonissimi da mangiare, che sarebbe un peccato scartare. In questo sta la responsabilità e tutta la filosofia del suo lavoro: avere rispetto dell'animale, allevarlo nel miglior modo, garantendogli una buona vita in spazi liberi, del buon cibo, macellarlo nel modo più pietoso possibile e rispettarlo avevndo il buon senso di utilizzare ogni sua parte. Ecco quindi che entrano in gioco tagli "secondari", preparati con ricette antichissime della tradizione toscana, da riscoprire e soprattutto rivalutare.
Cominciamo con il Musetto al limone e brodo vero. Il musetto è un insaccato fatto con molte parti del muso, appunto, tagliato a macchina, sottilissimo, spruzzato di succo di limone.
Il brodo, quello buono, qui viene fatto con punte di carne e con l'osso dell'anca e si beve in un bicchiere a inizio pasto. Nel 1800 il più grande gastronomo italiano, Pellegrino Artusi, scrisse un libro, La Scienza in cucina e l'arte del mangiar bene, che tuttora è considerato la Bibbia di tutta la cucina italiana. La prima ricetta è quella del brodo ed il motivo è tutt'altro che scontato: il brodo era alla base dell'alimentazione, serviva per scaldare nel freddo dell'inverno e per nutrire le persone, si dava un brodino quando si stava male, al pari di una medicina. Quindi è un alimento importantissimo, che qui hanno voluto valorizzare.
Si passa ai Crostini di Sugo all'uso di Natale, fatti con pane abbrustolito e un ragù di carne leggermente piccante.
A seguire, il Fritto del Macellaio, con anelli di cipolla, salvia, bracioline e polpettine con prezzemolo e scorza di limone.
E' la volta del Ramerino in culo.
Sono polpette di carne, appena scottate, infilzate con un rametto di rosmarino. Questa tipologia di carne è quella che Dario chiama Sushi del Chianti e il procedimento per ottenerla è quantomai semplice: si prende un taglio della coscia e, utilizzando una sorta di pettine di metallo, si buca la carne diverse volte. In questo modo la carne non è macinata, ma sfibrata, e le fibre rotte permettono di ottenere una consistenza tenerissima.
Si fa poi "cuocere" in una marinata di sale, pepe, aglio, succo di limone ed olio di oliva per una ventina di minuti. Poi si mangia crudo o scottato in padella come in questo caso.
Un po' di verdure: Mischianza di fagioli e ceci, calda, buonissima, e le verdure presenti all'inizio, da fare in pinzimonio con olio e Profumo del Chianti.
Come già detto, il Profumo del Chianti è un sale aromatico, dalla consistenza quasi impalpabile, fatto secondo un'antica ricetta in cui al sale marino della Sicilia si mischiavano erbe aromatiche, fra cui rosmarino, salvia, fiori di finocchio selvatico, che i contadini usavano perchè il sale costava troppo innanzitutto, e poi perchè le erbe hanno un grande potere digestivo e sono in grado di dare un grandissimo sapore e gusto alla carne senza coprire i sapori.
Si prosegue con il Fiocco al forno, una delle portate che più mi ha entusiasmato. Si ottiene tagliando la punta della noce, la parte della coscia vicina al femore. Viene fatto cuocere in forno per 15/20 minuti, senza sale e senza nessun condimento, poi si serve a fette abbastanza spesse, levando un po' di grasso e salandole leggermente.
Penultimo piatto: Tenerumi in insalata. I tenerumi non sono altro che 'i ginocchi, come si dice da queste parti. La parte che si utilizza è la rotula, formata da cartilagini, tendini e carne. Viene bollita con la punta dei tendini della coscia e con quello che avanza del brodo, poi viene tagliata finemente e accompagnata con verdure crude, un filo d'olio, due gocce di aceto e un po' di Profumo del Chianti. Forse il piatto più buono.
Concludiamo con l'ultima portata di carne: gli Umidi. Si cuociono per 8/10 ore in aceto ed erbe e il risultato è una carne tenerissima. L'utilizzo dell'aceto nella tradizione è una cottura povera, per due motivi: il primo perchè i grassi, come l'olio, o il latte, ai tempi costavano troppo, il secondo perchè in questo modo si sanificava la carne più povera e magari più vecchia.
Arriviamo dunque al dolce, la torta all'olio, una specie di ciambella morbida e dolce con i pinoli, buonissima, accompagnata dal caffé alla moka, dalla grappa Cecchini e dal Cordiale dell'Esercito Italiano.
Un'ottima cena, che si è svolta in poco meno di due ore, durante le quali abbiamo avuto la possibilità di confrontarci e divertirci con gli altri dodici commensali, tutti provenienti da diverse zone dell'Italia, dalle diverse età , con culture anche distanti ma che, per la sua durata, hanno condiviso la stessa tavola e di conseguenza la stessa passione, mettendoci al medesimo livello, nessuno escluso.
Per quanto possa sembrare eccessivo, ho sempre ritenuto che andare fuori a mangiare, al di là del semplice pasto, sia anche un'esperienza, che riguarda sì il cibo ma che ha anche un lato emozionale importantissimo.
Un'esperienza come questa ci ha regalato un paio d'ore dalle quali siamo usciti piacevolmente arricchiti e felici. E questo non ha prezzo. La cena, invece, il prezzo ce l'ha, ed è assolutamente onestissimo: 30€ a testa, tutto compreso.
Ancora una volta ripartiamo pensando al giorno in cui torneremo a Panzano a trovare Dario...
Imperdibile!!!
[maurig]
07/12/2012