Procedimento
Questa è una ricetta di come si prepara l’unica vera cotoletta che si possa chiamare “alla milanese”; non è detto che sia la versione migliore di questo piatto, ma se non ha l’osso, e soprattutto se non è fritta nel burro, NON è una milanese DOP (Scusa nonna, lo so che per me facevi le fettine di fesa perché per un bambino erano più facili da tagliare e mangiare).
Per fare una grande cotoletta ci vuole della lombata di vitello da latte, giovanissimo, quello che i francesi chiamano “sous la mère”, a indicare che sta fisicamente sotto la madre a poppare il latte, quindi sotto il mezzo anno di età, se è più anziano non è adatto per la preparazione; deve essere tagliata bella spessa col suo osso, quindi quasi due dita, e spessa deve rimanere senza essere battuta, perché se la bestia è davvero giovane è già tenera di suo. Una a commensale è il minimo, poi vedete voi, il limite è costituito dallo stomaco e dallo stato di salute generale.
Per le uova una buona approssimazione è: numero di uova = numero di cotolette -1 o anche meno se si fanno tante cotolette (almeno quattro) e se le uova sono grandi, ma se avanza dell’uovo c’è il modo di utilizzarlo, come vedremo.
Quando burro ci voglia non lo so dire con esattezza, comunque molto, e purtroppo non va bene il burro normale, e occorrerà chiarificarlo, visto che non credo che in Italia vendano il burro già chiarificato (in Francia sì, lo pubblicizzano puntando sugli imbranati che bruciano tutto friggendo, va detto che da quelle parti friggere nel burro è più usuale che da noi), anche questo verrà spiegato poco sotto.
Il pane deve essere grattugiato in casa, e poco prima della preparazione (magari mentre si sta chiarificando il burro), i puristi vorrebbero solo mollica di pane bianco, ma secondo me una piccola percentuale di crosta ci può stare, va grattugiato fine ma non finissimo, non impalpabile, e in gran quantità.
La carne e le uova vanno tolte dal frigorifero con grande anticipo, e questo vale non solo per questa preparazione, ma in cucina in generale, magari anche di un paio d’ore, non fanno certo in tempo ad andare a male, certo in pieno luglio può bastare meno tempo.
Il burro va chiarificato perché non è un grasso adatto per friggere, avendo un punto di fumo (la temperatura in cui comincia a fumare e a bruciare gli alimenti) piuttosto basso, con la procedura della chiarificazione si eliminano i componenti che ne abbassano il punto di fumo. Insomma, si prende il burro, diciamo un panetto da 125g, anche di più se usate spesso il burro per friggere perché poi lo si può conservare, e lo si mette a pezzetti in un pentolino che si mette a cuocere a bagnomaria col gas al minimo sul fornello piccolo; lo si lascia lì per circa un’ora, schiumando di tanto in tanto, senza mescolare. Passata questa ora lo si deve filtrare facendo bene attenzione a lasciare sul fondo del pentolino la parte più densa, di color grigino-nocciola, che si sarà separata: è la caseina, la sostanza che si voleva eliminare; il liquido giallino che resta, il burro chiarificato, lo si fa risolidificare e lo si conserva in frigorifero, ma se l’avete preparato solo per le cotolette si può usare anche subito, tanto deve rifondere.
Le cotolette di vitello vanno incise con alcuni taglietti sottili e poco profondi sui lati, altrimenti cuocendo il grasso potrebbe arricciarsi rovinando forma e impanatura, poi si passano nelle uova che nel frattempo sono state sgusciate in una ciotola e battute bene con una forchetta- si dice che le uova andrebbero solo pepate e non salate… io un pochino di sale ce lo metto- le si impregnare bene di uovo in tutte le parti e poi si passano nel pangrattato facendolo aderire bene in ogni punto, senza lasciare buchi o parti poco impanate. Questo UNA volta sola per ogni cotoletta.
La farina e la doppia impanatura in modo che cuocendo la panatura si stacchi leggermente restando intera e si formino le bolle? No, questa caratteristica non è della cotoletta alla milanese, ma se mai della Wiener Schnitzel, che però si frigge nello strutto, è senza osso e si fa sia col vitello che con il maiale. Nota storica: chi abbia imparato da chi, se cioè sia la milanese a derivare dalla schnitzel o viceversa, è una questione annosa e non risolta; oggi PARE che una maggioranza di storici della cucina propenda per il primato della milanese, ma certamente non è stata detta l’ultima parola, e dubito che lo sarà mai.
Si finisce di impanare tutte le cotolette prima di iniziare la cottura. Se avanza dell’uovo e del pangrattato, con questi si fanno quelli che nella mia famiglia si chiamavano “imbrogli”, cioè polpette schiacciate di pane e uovo, che si friggono insieme alle cotolette; imbrogli perché all’apparenza sembrano delle cotolette senz’osso, quelle fatte con le fettine, ma non hanno carne dentro. Io gli imbrogli li uso anche per sfogare la mia voglia di limone sul fritto: in effetti su una vera milanese il limone non andrebbe messo, rovina il gusto, ma sull’imbroglio tutto è permesso.
In una padella larga da fritti si mette una buona dose di burro chiarificato, lo si fa schiumare a fuoco medio-alto (fino a 175°, se siete così pignoli da usare un termometro), e poi si mettono a friggere le cotolette (alzando un po’ la fiamma dopo averle messe, per riprendere rapidamente la temperatura), per circa 5-7 minuti per lato, non di più se si vuole che il centro della carne resti giustamente rosa. Bisognerebbe essere così bravi da mettere esattamente la quantità di burro che serve, ma se si è timorosi e si vede che all’inizio se ne è messo troppo poco, al momento di girare la carne se ne può aggiungere ancora un po’… questo abbasserà la temperatura e farà sì che la seconda faccia sarà meno perfettamente dorata della prima… pazienza.
Generalmente in una padella, per quanto grande, non ci stanno più di due cotolette e magari un paio di piccoli imbrogli modellati in forma apposta per inserirsi tra una e l’altra, quindi se si preparano più di due cotolette ci sono due soluzioni: o si mettono quelle già cotte in caldo, e si procede a una nuova frittura (tra una frittura e l’altra bisognerebbe rimuovere tutto il burro e le briciole di pane rimasti, basta della carta da cucina, non occorre lavare, fare scarpetta è sublime ma letale per le arterie), oppure si mangiano quelle già preparate e solo dopo si preparano le altre; ovviamente questa seconda opzione non è praticabile in una cena un po’ formale, ma è la migliore se si è in due e ci si vuole gustare la cotoletta al meglio.
Se si è virtuosi prima di portare in tavola le cotolette le si mettono su un vassoio o un piatto con carta assorbente da fritti, se si è degli Homer Simpson non solo si evita la carta assorbente, ma ci si versa sopra il burro rimasto nella padella, oppure si può optare per una via di mezzo, è una questione tra voi e i vostri esami del sangue. Si sala a proprio gusto solo ora.
Come ho detto su una siffatta cotoletta il limone, oppure come usa adesso rucola e pomodoro, non dovrebbero comparire, poi ognuno faccia a suo gusto.
Io come contorno uso solo insalata verde condita con olio e molto aceto (meglio in un piatto a parte), in modo che l’acidità faccia da contrasto con il grasso, ma ovviamente è a piacere. Per il vino, volendo restare in Lombardia io credo che un Valtellina superiore ci stia bene, magari anche leggermente invecchiato.
Cotoletta e un Inferno riserva sono la cosa più simile al paradiso che io riesca a immaginare.
[mizoguccini]
2008-02-28